venerdì 30 novembre 2007

Paolo e Francesca


Meraviglioso Benigni!Nel suo spettacolo è riuscito a passare da un momento esilarante, di comicità vera, frizzante, ad un momento sublime, per merito dei versi di Dante, ma anche per la sua interpretazione e spiegazione. Il tema della scelta, del libero arbitrio e del prendersi carico della propria vita. Non c'è niente di peggio dell'ignavia! Bisogna prendere posizione, partecipare, assumersi delle responsabilità. A questo proposito, ho trovato importante che Benigni abbia insistito sul fatto che si può scegliere il bene o scegliere il male; che esiste gente per bene, ma anche gente per male. Come ha detto una volta Biagi, non si può negare l'esistenza del male, o attribuirgli sempre nomi diversi. Ed essere consapevoli che il male c'è è, a mio avviso, estremamente importante per riconoscerlo e, quindi, per distinguerlo dal bene, per poter, poi, fare la propria scelta. Il filosofo Galimberti in una recente intervista dove gli si chiedeva di commentare i fatti di cronaca, da Perugia a Garlasco, ha sottolineato come, secondo lui, il grande rischio nella società moderna è che si perda, come già sta avvenendo, la distinzione tra bene e male.
Poi c'è l'amore, protagonista del V Canto dell'Inferno e tema centrale dello spettacolo. Benigni ha voluto dedicare la serata all' amore, scelta coraggiosa e originale di questi tempi. Ha anche preso in giro, in modo intelligente (lungi dall'essere bacchettone!!), il continuo parlare (e, forse, raramente fare...) di sesso, atto meraviglioso che, però, oggi sembra diventare una patologica ossessione, che spesso ne svilisce il bello, il piacere, la curiosità.
L'amore, quindi. Dante ha scritto un'opera, come la Divina Commedia, per amore di una donna, vera, col suo corpo, che suscitava passione. La possenza dell'amore, che ci disarma totalmente, ci disorienta e suscita in noi il pensiero dell'eternità, del senso della nostra vita.
L'amore e una passione travolgente hanno segnato il destino di Paolo e Francesca e il lettore, come lo stesso Dante, viene vinto dalla pietà davanti a questo racconto così struggente e umano. Francesca racconta, con lucidità, senza pentimento, e Paolo, accanto a lei, non smette di piangere.
Non c'è niente di più doloroso che pensare ai momenti felici e parlarne, quando li si ha perduti e si soffre; lo diceva anche De Andrè. L'episodio di Paolo e Francesca è sempre stato tra i miei preferiti, quando al liceo studiavo la Commedia. E' una storia tristissima, che Dante racconta riuscendo a farmi emozionare, mostrandomi una Francesca fiera e un amore ancora forte, più di tutto (...che mai da me non fia diviso...) e mostrando la sua reazione umana, di chi non si capacita di come Dio possa aver voluto punire, in modo così tragico, due giovani amanti (... sì che di pietade io venni men così com' io morisse. E caddi come corpo morto cade.)



Questa serata mi ha distratto un pò dalle ansie e dai casini della giornata, molto meno sublimi; menomale.

A voi alcuni versi:

"O animal grazïoso e benigno

che visitando vai per l’aere perso

90 noi che tignemmo il mondo di sanguigno,

se fosse amico il re de l’universo,

noi pregheremmo lui de la tua pace,

93 poi c’hai pietà del nostro mal perverso.

Di quel che udire e che parlar vi piace,

noi udiremo e parleremo a voi,

96 mentre che ’l vento, come fa, ci tace.

Siede la terra dove nata fui

su la marina dove ’l Po discende

99 per aver pace co’ seguaci sui.

Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende,

prese costui de la bella persona

102 che mi fu tolta; e ’l modo ancor m’offende.

Amor, ch’a nullo amato amar perdona,

mi prese del costui piacer sì forte,

105 che, come vedi, ancor non m’abbandona.

Amor condusse noi ad una morte.

Caina attende chi a vita ci spense".

108 Queste parole da lor ci fuor porte.

Quand’io intesi quell’anime offense,

china’ il viso e tanto il tenni basso,

111 fin che ’l poeta mi disse: "Che pense?".

Quando rispuosi, cominciai: "Oh lasso,

quanti dolci pensier, quanto disio

114 menò costoro al doloroso passo!".

Poi mi rivolsi a loro e parla’ io,

e cominciai: "Francesca, i tuoi martìri

117 a lagrimar mi fanno tristo e pio.

Ma dimmi: al tempo d’i dolci sospiri,

a che e come concedette amore

120 che conosceste i dubbiosi disiri?".

E quella a me: "Nessun maggior dolore

che ricordarsi del tempo felice

123 ne la miseria; e ciò sa ’l tuo dottore.

Ma s’a conoscer la prima radice

del nostro amor tu hai cotanto affetto,

126 dirò come colui che piange e dice.

Noi leggiavamo un giorno per diletto

di Lancialotto come amor lo strinse;

129 soli eravamo e sanza alcun sospetto.

Per più fïate li occhi ci sospinse

quella lettura, e scolorocci il viso;

132 ma solo un punto fu quel che ci vinse.

Quando leggemmo il disïato riso

esser basciato da cotanto amante,

135 questi, che mai da me non fia diviso,

la bocca mi basciò tutto tremante.

Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse:

138 quel giorno più non vi leggemmo avante".

Mentre che l’uno spirto questo disse,

l’altro piangëa; sì che di pietade

141 io venni men così com’io morisse.

E caddi come corpo morto cade.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

E' vero, Benigni è riuscito a mettere su un progetto fantastico, ha portato in piazza un tema che appartiene a tutti, ma del quale ormai si altera quasi sempre il valore reale e il senso più profondo, riducendolo ad emblema del "materiale" piuttosto che del divino. Lo ha fatto attraverso il testo più importante della letteratura italiana, che purtroppo molti non approfondiscono al di là di uno studio prettamente scolastico (io per primo). Bellissima l'interpretazione sull'ignavia, so che è un discorso diverso, ma mi verrebbe da citare la canzone del maggio: "anche se vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti". E poi, sinceramente mi fa sganasciare dalle risate soltanto quando pronuncia il nome di Berlusconi...
Ps Brava Ele! Continua cosi col blog che vai alla grande!

Anonimo ha detto...

Non mi dilungo sulla bravura di Benigni,in tutti i sensi:sarebbe inutile. Ma sottolinerei il passaggio nel quale lui ha detto che la vera grandezza dell'Uomo, sta nelle sue "debolezze"; chi non le ha vissute, specialmente quelle in Amore?Penso che ciò che contraddistingue una persona veramente forte dagli altri sia la capacità di lasciare la propria vita nelle mani di un altro(un amico vero,la persona amata,etc...)anche solo per qualche istante,o magari per una serata. Proprio l'incapacità di fare questo spinge molte persone all'uso di droghe,come ha ricordato lo stesso Benigni, e non credo ci sia cosa più triste. Ragazzi, torniamo a credere nelle persone.